Come tutti sappiamo con la sentenza della Corte di Cassazione di alcuni giorni fa si è chiusa la vicenda di Eluana Englaro. Purtroppo gli organi di stampa non sempre riescono a rendere la complessità delle situazioni e delle opinioni che in questi casi si vengono a determinare. La situazione può essere considerata da molteplici punti di vista, credo che esaminare casi di tanta complessità dovrebbe indurre una sempre maggior tolleranza in tutti noi, se non altro perché la complessità porta inevitabilmente con sé diverse opinioni e ci impedisce di essere tanto certi che il nostro modo di vedere sia l'unico accettabile. Al contrario, il dibattito su stampa e mezzi di comunicazione, sembra essere la palestra dell'intolleranza. Il padre della ragazza dice che si dimostra così di essere in uno Stato di diritto (e sottintende che se la Cassazione avesse deciso diversamente NON saremmo in uno Stato di diritto, affermando quindi che "il diritto" coincide con la sua opinione), la Chiesa e molti altri sostengono che di fatto si è dato il via all'eutanasia e che si sia autorizzato un omicidio (anche in relazione alle particolari modalità con le quali avverrà la morte della ragazza), altri ancora accettano il diritto individuale di scegliere a quale trattamento sottoporsi ma ritengono che debba essere tutelato anche il diritto di cambiare idea, diritto del quale Eluana non avrebbe potuto certamente avvalersi. Tutti però sembrano concordi su una cosa: c'é una sola posizione che sia sostenibile: la propria! Uno degli aspetti importanti di questa vicenda, per riprendere quanto scrivevamo sul testamento biologico nella sezione approfondimenti, è il seguente: se una persona capace di intendere e di volere è in grado di decidere autonomamente se vuole essere sottoposta ad un trattamento oppure no, perche' bisogna negare questo diritto a chi non è in grado di esprimerlo? Detta cosi' la cosa appare sacrosanta e perfettamente ovvia. Guardando solo questo aspetto non ci si può non stupire dell'atteggiamento della Chiesa che ritiene che tale diritto non debba essere garantito. E' ovvio che ci sono però altri modi di vedere la vicenda. Per esempio quale è il confine tra la rinuncia ad un trattamento e il provocare la morte? L'omicidio del consenziente non è consentito né dal punto di vista dell'etica cattolica (ad esempio) né dal punto di vista giuridico (ed è penalmente perseguito). Vedendo la cosa da quest'altro punto di vista non dovremmo invece ritenere perfettamente accettabile la posizione della Chiesa? Molte delle difficoltà sul testamento biologico sono legate alle differenze di opinione tra chi ritiene un diritto inalienabile del singolo individuo decidere su tutto ciò che riguarda la sua esistenza e chi, invece, sostiene che la vita sia un bene non disponibile per l'uomo e chiede pertanto allo Stato di tutelare tale non disponibilità. Dobbiamo pensare che una di queste opinioni sia "migliore" dell'altra e quindi l'unica accettabile? o non dobbiamo, al contrario, pensare che ognuno è in pieno diritto di affermare la sua opinione? E se è così, ci dobbiamo stupire e scandalizzare se molte persone (Chiesa compresa) intendono avvalersi di tale diritto sostenendo, anche con forza, la loro posizione?